Quando eravamo noi ad emigrare..

Questa storia non la conoscevo ma ne conosco tante altre analoghe come quella di Sacco e Vanzetti. La storia della emigrazione italiana è stata costellata di episodi tristi. Italiani schifati ovunque da gente razzista e ottusa. L’aspetto, la lingua, la povertà e la faccia di chi fugge dalla fame cercando una vita appena migliore li rendevano vittime ideali. Questa storia è una delle tante. Per non dimenticare chi eravamo.

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Forte dei suoi 135kg, lo massacrò di botte. Poi lo prese e lo trascinò fuori dal bar, gettandolo in mezzo alla strada gremita di gente. Lì gli frantumò viso e addome a calci, nella totale e assoluta indifferenza delle persone che passavano.

Alfredo Zardini era un emigrante italiano, una brava persona, nota a molti per la sua indole pacifica; un padre di famiglia contento matto per aver finalmente trovato un lavoro in Svizzera. Era povero, come tanti all’epoca. Ma a Zurigo sperava di poter mettere da parte un po’ di soldi per moglie e figli.

Quella mattina aveva il colloquio di lavoro. Si concesse un caffè, prima di andarci.

Ma nel bar si imbatté in uno dei tanti razzisti dell’epoca. Uno di quelli che odiava gli italiani che “rubavano il lavoro”. Era uno svizzero-tedesco di oltre un metro e novanta. Si accorse subito che Alfredo era italiano. Uno sguardo, una parola. Gli bastò poco per massacrarlo.

Rimase sulla strada, esamine, per decine di minuti. Nessuno lo aiutava, nessuno faceva niente. Era un immigrato, in fondo.

Quando dopo un bel po’ qualcuno si degnò di chiamare un’ambulanza, era troppo tardi.

L’assassino, chiamato Gery, se la cavò con una condanna per eccesso di legittima difesa.

La Svizzera non pagò nemmeno i funerali. Ci pensarono gli altri italiani, a farlo.

Ogni anno, il 20 marzo, ricordo la storia di questo italiano perché mi ha sempre colpito nella sua profonda tristezza. E perché mi fa riflettere sul tempo in cui eravamo noi a subire il razzismo. Di quel tipo che per un caffè ti giochi la vita.

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Leonardo Cecchi

Reblog da tumbr

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Disilluso da tutto senza un futuro vivo in questo presente oscuro senza aspettarmi nulla.
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9 risposte a Quando eravamo noi ad emigrare..

  1. low profile ha detto:

    Posso solo che condividere questo post…meditate gente, meditate! (cit.)

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  2. Pingback: Quando eravamo noi ad emigrare.. | Low Profile

  3. Demonio ha detto:

    Io ci sono nato in Svizzera. Mio padre ci arrivò dopo due anni in Germania. Ci ho vissuto fino a 5 anni. Beh, l’ostilità negli sguardi della gente sono una cosa che mi si è ben impressa nella mente. È qualcosa che resta per sempre. Per fortuna il tutto si è limitato ai soli sguardi, alla scortesia, a quel LES ITALIEN ascoltato che conteneva tutto il disprezzo di chi si sentiva superiore. Per fortuna non abbiamo mai subito violenze fisiche. Però sono cose che un bambino lo segnano. E come se non bastasse, venuto in Italia visto che parlavo francese e poco italiano…beh…ero ovviamente lo straniero!

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  4. Per il razzismo non serviva andare all’estero. Provengo da una famiglia meridionale emigrata in Liguria negli anni 60.

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  5. Demonio ha detto:

    Si vero, siamo stati capaci di essere razzisti anche tra di noi. E anche io l’ho provato sulla mia pelle.

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  6. Martina Fralu ha detto:

    Una (brutta) storia come tante (purtroppo)…

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  7. Demonio ha detto:

    Pensa che negli Stati Uniti, tanto adorati come fulgido esempio di democrazia e progresso, gli italiani erano considerati ancora peggio dei neri. Addirittura vi fu ad un certo punto un ban. Proprio non li voleva nessuno, ritenuti una specie sottosviluppata. C’è questa pagina: https://thevision.com/attualita/immigrati-italiani-africani/
    che fa un bel riassunto.

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  8. Martina Fralu ha detto:

    Questa penso sia una cosa che non verrà mai eliminata dai mali del mondo…l’umanità è troppo chiusa mentalmente

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  9. Demonio ha detto:

    Mi trovo a malincuore perfettamente d’accordo con te.

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